Le superstizioni più segrete ai Bastioni per farsi amica la Dea Bendata

Continua il viaggio nei quartieri raccontando riti scaramantici, superstizioni, scongiuri e tutto ciò che un quartierista può fare

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Te Deum Santo Spirito

Continua il viaggio nei quartieri raccontando riti scaramantici, superstizioni, scongiuri e tutto ciò che un quartierista può fare per farsi amica la Dea Bendata.

A me l’arduo compito di raccontare le scaramanzie giallo blu. Arduo perché quando racconti a qualcuno cosa devi fare prima della giostra, hai paura di essere preso per pazzo. Ricordo a settembre era venuta a trovarci un’amica da fuori e, dopo la cena propiziatoria, le raccontai cosa avremmo fatto il giorno dopo.

“Ci troviamo al ristorante alle 12.00, sempre quello da almeno 8 anni. Dopo pranzo andiamo ai bastioni, devo sempre prendere alcune cose in sede e poi passare in farmacia. Aspettiamo che parta il corteo ma ricordati che dobbiamo essere le ultime a uscire dal circolo, poi di corsa in Piazza San Jacopo, occhi rivolti alla finestra in alto, forse un momento di commozione e di nuovo in marcia verso San Domenico. Noi non passiamo per il corso, dobbiamo andare dall’altra parte e, all’altezza del bar, le bambine faranno partire un coro. Da quel momento non possiamo fermarci, passi lunghi e ben distesi. L’abbigliamento è importante: io camicia e jeans, capelli raccolti; loro gonna, shorts e vestito. Al ritorno ci dividiamo: i piccoli aspettano in Guido Monaco con la mamma, noi in San Francesco. Quando saliamo in Via Mazzini devo cercare di incontrare un nostro amico del Foro e dirgli <Sono certa, quest anno la lancia è vostra>. Entriamo in piazza all’ultimo, non preoccuparti perché sappiamo noi quando è il momento giusto”.

Dico tutto questo alla mia amica senza mai prendere fiato, tutto insieme come fosse una poesia imparata a memoria. Non le ho detto che devo incrociare lo sguardo del capitano e fargli occhiolino, non ho parlato dell’abbraccio con mio fratello e neppure della bottiglia d’acqua che compro ogni anno nello stesso bar: se sapesse che pago ogni volta con €5 e lascio il resto, forse smetterebbe di parlarmi.

Io ho ripetuto quei gesti milioni di volte, ne conosco i tempi, le emozioni e saprei farli a occhi chiusi.

Lei mi guarda perplessa, sorride e non so cosa stia pensando: forse è preoccupata per le salite, le corse, la fatica, forse non capisce o forse pensa che io sia pazza.

Per questo non è facile confessare agli altri i propri riti scaramantici: perché alcuni sono imbarazzanti, a volte addirittura infantili ma soprattutto non sappiamo spiegarne i motivi.

Ed è per questo che non riporterò i nomi delle persone: ho cercato di raccogliere le superstizioni più segrete dei quartieristi e dei dirigenti, promettendo la massima riservatezza.

Iniziamo dai vestiti.

Una giovane colombina mi ha raccontato che il giorno della cena propiziatoria dorme da un’amica e non porta mai il cambio: la mattina si sveglia compra biancheria, t-shirt bianca e chiede di cambiarsi in camerino.

Un uomo, ormai non più giovanissimo, invece, indossa durante la giostra il costume da bagno di quando aveva 7 anni: è stretto e scomodo ma lo indossò nel 1996, quando per la prima volta entrò in Duomo con la lancia, non può più rinunciarci.

Qualcuno ha l’outfit prestabilito: stesso completo da diversi anni, altri comprano ogni anno il foulard nuovo o hanno lo stesso dalla notte dei tempi e non l’hanno mai lavato; altri ancora strappano il bordo ogni volta che vincono e vivono con il terrore di doverlo cambiare.

Le storie più belle, tuttavia, riguardano la propiziatoria: un consigliere storico del quartiere prende il biglietto, entra alla cena e poi sale in sede, dove rimane chiuso fino al termine della cena. Non mangia seduto a tavola da almeno otto anni, ascolta le persone dalla sala del consiglio, sbircia dalla finestra ma non scende e approfitta per sistemare le ultime cose in vista della giostra.

Un ragazzino, invece, compra ogni anno due biglietti, poi arriva in sede e chiede di acquistarne un terzo per un amico che si è aggiunto all’ultimo: non è vero niente, partecipano da sempre tutti e tre ma ormai è tradizione.

Un gruppo di amici mi ha confessato che per tantissimi anni si sono ritrovati alle quattro di notte  per mangiare prosciutto e bere un goccio di vodka: una tradizione estenuante se la mattina devi vestirti per il bando o magari addirittura lavorare.

I più creativi, infine, hanno scaramanzie che durano tutto l’anno: a dicembre un pranzo fuori Arezzo con i sette amici storici, a Pasqua colazione tutti insieme e d’estate, ogni anno lo stesso giorno, bagno a mezzanotte. Pazienza se quel giorno sarai a Castiglione della Pescaia, Roma o New York: trova una piscina aperta e fai un tuffo.

Ci sono però alcune cose che accomunano tutti: fondamentale è “mai scoprire le scaramanzie degli altri”. Se ti accorgi che ogni anno il tuo collega indossa calzini di colore differente, non farlo notare a nessuno, mantieni il segreto o rischi di rompere la magia.

Se esegui i riti perfettamente, senza sbagliare niente ma, incomprensibilmente, il tuo quartiere perde, allora ricordati di cambiare tutto: mai più il caffè in quel bar, cambia posto a tavola, acquista i biglietti nell’altra tribuna e non fare più la stessa strada.

Ricorda,infine, che le scaramanzie di giugno sono diverse da quelle di settembre, soprattutto se legate agli orari.

“Non è faticoso?” Chiedo io.

“No…si, forse. Sì, a volte sì ma è difficile spiegare cosa ti porti a fare tutto questo. È come se ognuno di noi cercasse di fare il possibile per aiutare il quartiere. Facciamo i turni, lavoriamo alle scuderie,ci inventiamo mille iniziative diverse e poi quel giorno ti senti impotente e l’unica cosa che puoi fare è ripetere alcuni gesti per cercare dei segni, per sentirti sicuro e mettere a tacere quel morso che ti prende lo stomaco quando vedi scendere al pozzo i ragazzi”.

Già, le carriere. Se fino a quel momento la vita di un quartierista è stata una corsa a ostacoli, il momento in cui i giostratori scendono al pozzo segna la nascita di mille nuove scaramanzie.

Se la carriera è andata bene, da quel momento dovrai ripetere esattamente ogni gesto.

Ho accavallato la gamba. Da adesso in poi nessuno deve toccarmi. Passami la borsa e poi fai cadere gli occhiali. Devo bere un sorso d’acqua. Scusi, può spostarsi appena un po’ a destra? Che fai, non guardi? No, non ho guardato la prima e non posso più guardare nessuna carriera. Ragazzi festeggiate ma poi ognuno al proprio posto, non sbagliate niente. Ricordatemi che quando parla l’araldo devo mettere la mano tra i capelli.

Ripetere, ripetere e ancora ripetere. Come una cantilena che risuona nelle orecchie, così quei gesti ripetuti all’infinito aiutano a placare il nervosismo. Non importa se il cavallo è agitato, se la partenza non è stata perfetta, se a metà lizza ha cambiato galoppo: tu, seduto in tribuna, puoi ancora cambiare il corso delle cose.

Un ultima domanda, chi è il più scaramantico di tutti?

“In giostra? Sicuramente Martino Gianni!”.

Laura Pino