Le insegne aretine, tra storia e Giostra: il Comune e il Popolo

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IL PARTITO E IL CROCIATO

Oltre al cavallo inalberato le altre 2 insegne comunali del medioevo erano un partito bianco (argento) e rosso e uno crociato di giallo (oro) su campo rosso:

“Partito d’argento e di rosso”  –  “Di rosso alla croce d’oro”

 Comune                      pars polpuli 

Premessa: per una corretta ricostruzione delle loro vicende si deve considerare il 1384 uno spartiacque ineludibile a causa della ‘fiorentinizzazione’ del governo aretino e i mutamenti istituzionali dei secoli successivi, segnandone un prima e un dopo.

Questi emblemi coesistevano e completano il ‘parco’ delle insegne aretine del Medioevo:

cavallo inalberato – Città Stato /  partito – comune /  crociato – ‘popolo’

Sopra: basamento statua di Ferdinando I (1594); sotto: vetrate del Duomo di Arezzo (1524) in alto a sinistra stemma Opera del Duomo

Le errate interpretazioni storiche: insegne non coesistenti, di fazione e il verde al posto del bianco

In passato si era fatta spazio la convinzione che i tre emblemi (cavallino, croce e partito) fossero state insegne comunali alternatesi in epoche diverse: il crociato in periodo di comando guelfo e lo scudo partito per quello ghibellino, mentre il cavallo inalberato sarebbe divenuto insegna civica su concessione dei fiorentini solo nel Cinquecento.

Inoltre lo scudo partito fu creduto verde/rosso invece che argento/rosso.

Assenti di documentazioni e avulse dal contesto storico sono ormai teorie ritenute prive di fondamento, ma che hanno lasciato alcuni trascichi.

Essendo di interpretazione il primo errore è stato facile porvi rimedio, per il verde nello scudo partito invece è toccata la sorte della positura del cavallo. Infatti ancora nei primi decenni del secolo scorso, quando avvenne la ufficializzazione tutt’ora vigente, erano convinti della bicromia verde-rossa e così entrò nell’ufficialità dell’araldica cittadina.

Tirando le prime somme perciò la croce d’oro su campo rosso sarebbe l’unica blasonatura uscita completamente indenne da secoli di male interpretazioni.

Le conseguenze per il Comune e nella Giostra

Il Comune di Arezzo ‘moderno’ dalla libera scelta, seppur storicamente errata, compiuta con la legalizzazione del 1931, consegue che il cavallo deve essere volto a destra; egualmente l’emblema partito, anch’esso legalizzato nel verde/rosso, deve ormai essere blasonato così*; diversamente in Giostra non vi sono certo obblichi legali, ma segue la sua storicizzazione e ambientazione al XIV sec.
*(L. Borgia, Araldica civica… op cit, pag. 5, solo un nuovo atto amministrativo potrebbe ri-modificarli).

Vessillo ufficiale del comune di Arezzo

Per la Giostra negli anni Trenta seguirono le convinzioni del momento blasonando il cavallo volto a destra con partito verde-rosso, mentre dopo la guerra i vessilliferi innalzavano il gonfalone ufficiale del Comune, comprendente quindi delle sue caratteristiche.

I vessilliferi con bandiera e vessillo comunale prima e dopo la II guerra [imm. tratte da  www.signaarretii.it]

Solamente nei primi anni Novanta la Giostra si dotò di tre propri gonfaloni e questa fu anche l’occasione per correggere eventuali anacronismi: il cavallo fu correttamente volto a sinistra e ai tre vessilli di Arezzo medievale ne furono aggiunti due per le parti Guelfe e Ghibelline. Quest’ultimi inserimenti, pleonastici o meno, hanno il grande pregio di ‘purificare’ gli altri da qualsivoglia fazione.

Sfortunamente però non si provvide a riprodurre l’insegna partita nell’argento e rosso, infatti ancora nel finire degli anni Ottanta già era stata abbandonata l’assegnazione per fazioni, ma ancora ritenevano lo stemma partito di verde e rosso; inoltre assegnavano la croce alla pars populi, mentre il crociato al Comune. Quindi se per questo ultimo errore, di nuovo solo interpretativo, non vi sono conseguenze fattuali, conseguenza del secondo fu che il partito rimase con il verde il verde. (Considerazioni sulla Giostra del Saracino e la storia di Arezzo, AAVV, p. 50, Arezzo 1987)

Gli attuali vessilli della Giostra come predisposti dagli anni Novanta, da destra: parte guelfa, pars populi, Città/Stato, Comune, parte ghibellina.

Le origini del crociato e del partito: tra dicerie, leggende e reale documentazioni

Come più volte ripetuto non esistono documenti che indichino un loro preciso momento di adozione ufficiale, per fare ciò quindi è necessario ricostruirne i contesti e compararli con tutti gli altri documenti a disposizione.

Sfatiamo alcuni miti

Ghibellino o Guelfo spesso sono solo sigle che nascondevano interessi ben più spiccioli e pragmatici delle singole casate o delle città, facendone una situazione ben più complessa e, basti ciò a comprendere, lunga più di due secoli.

La vulgata popolare vorrebbe Arezzo racchiusa dalle bandiere ghibelline: tutt’altro; nel Duecento ed in buona parte anche nel Trecento praticamente per pari tempo si alternarono le due fazioni al potere con vari temperamenti e momenti di quiete spesso mantenendo entrambe le fazioni in città.

Bisogna infine anche scacciare l’idea che le casate magnatizie o nobiliare e feudatarie o cavalleresca guerriere fossero per gran parte ghibelline: tutt’altro; numerose potenti e importanti consorterie erano guelfe e parimenti ‘bellicose’.

Perchè gli stemmi crociato e partito e in quei colori: ma quali guelfi e quali ghibellini.

Si può supporre una eredità pre-araldica (il codice araldico si afferma verso la fine del XII sec. n.d.r.) commista all’influeunza di disposizioni Imperiali almeno del XII secolo.

Infatti tra le cromature civiche il rosso era presente nel 50 60% degli stemmi mentre il 40 50% bianco o giallo; tra le associazioni il rosso / bianco o giallo il 47%, l’azzurro o nero / bianco o giallo il 10%.

A ciò si aggiunga che la bandiera imperiale era, almeno dal finire del XII secolo, una croce bianca in campo rosso, a riprova si consideri che tra le 25 città del Nord indifferentemente della Lega Lombarda o contro (1165) l’80% ha i colori rosso bianchi, statistica similare la si ritrova in Toscana a prescindere se di tradizione ghibellina o guelfa. (dati e statistiche da V. Favini, A. Savorelli, op cit, pag 20-21).

Si potrebbe quindi avanzare che la loro origine si debba a concessione o imitazione imperiale o di derivazione di vessilli di guerra. Si deve infatti sempre ricordare che l’autorità sovra-comunale che aveva legittimità giuridica (persino sulla nomina dei Vescovi) era appunto quella del Sacro Romano Impero.

La pars popoli (guelfa?) e l’insegna di rosso alla croce d’oro

Per questa insegna ogni dubbio sarebbe fugato grazie a reperti medievali e vidimato da un atto ufficiale: delibera del Magistrato civico di Arezzo datata 1440:

” … arma et seu isignia arectini populi, signum crucis auree sive gialle – croce oro o gialla – in campo rubeo – in campo rosso – … “

L’istituzione Popolo trova il suo spazio politico già nei primi decenni del Duecento come diffusa modalità di Governo civico e si ricollega alla ‘riscoperta’ anche del concetto di cittadinanza (pur con tutti i limiti dell’epoca), di istituzioni ‘laica’ e di ampliamento della ‘partecipazione’ al Governo piuttosto che al fenomeno delle fazioni.

Vi si ritrovano interessi diffusi: delle corporazioni di mitigare il potere delle consorterie magnatizie e feudatarie o ecclesiale, al pari della necessità di affiancarsi alla autorità podestarile (spesso straniera) nel governo della città, a prescindere del guelfismo e ghibellinismo. Al suo interno si riverberavano le alleanze o conflittualità tra le potenti consorterie e fazioni e le stesse casate influenzavano questo organo di Governo, così fu in buona parte in Arezzo.
La politicizzazione guelfa paga una visione tarda e erroneamente omologante ad altre città: ad Arezzo ancora e per tutto il Trecento le consortere nobiliari, di qualsivoglia fazione, determinano (nel bene e nel male) gli eventi.
Si tenga presente che i Comuni del medioevo sono enti formalizzati (vedasi gli Statuti in primis) e particolarmente articolati, al pari dei modi molto ‘spicci’: la prassi nei momenti di più aspra conflittualità erano le espulsioni o l’instaurazione di Signorie, pitttosto che ‘girigoghi’ sulle insegne.

Con Pars Populi , almeno ad Arezzo, null’altro si dovrebbe indicare di un organo di Governo, una Istituzione comunale riconosciuta con lo stesso emblema chiunque fosse al governo (o ‘maggioranza’).

Il Comune e il partito argento e rosso (probabili derivazioni dell’errore)

Anche per questa arma i documenti non mancano e sono coerenti nel riprodurlo bianco-argento/rosso almeno fino al XVI secolo. Addirittura per certi aspetti sembra dotato di maggior rigore e più diffuso anche del cavallo. (V. Favini, A. Savorelli, op cit, p. 66-67).

Spesso però non è a colori, le sue cromature bianco/rossa si ritrovano*, oltre che nelle già ricordate vetrate del Duomo, in numerose raffigurazioni della Cronica di Villani.
*per le altre fonti vedasi V. Favini, A. Savorelli, op cit, pag 67, nota 37

Una delle numerose raffigurazioni della Cronica del Villani titolata Come il conte Guido Guerra cacciò la parte ghibellina d’Arezzo e come i Fiorentini la virimisono.

Del verde accanto al rosso non esisterebbe ad oggi nessuna fonte originale (nè scritta nè illustrata), lerrore nascerebbe in età tarda, addirittura nel XVII XVIII secolo dal ritrovamento delle copertine dei manoscritti del 1413 dei Ruoli dei cittadini obbligati alla guardia della città.

Le copertine dei registri del Ruolo dei cittadini…: a sinistra la copertina del 2′, a destra del 1′ [Immagini tratte da L. Borgia, I privilegi…]

In quella del secondo registro giudicata originale si vedono tre stemmi, di cui riconoscibili il giglio fiorentino (ormai da 20 anni il governo della città è in mano ai fiorentini) e il crociato, il terzo è invece indecifrabile; mentre la copertina del primo registro è fornita di due stemmi, ancora il crociato ed un partito rosso-verde con iscritti sotto rispettivamente Guelfi e Ghibellini, quest’ultima è stata però indicata come un pacchiano falso ottocentesco. (in particolare vedasi L. Borgia, I privilegi… op cit)

Altre ipotesi poggiano la teoria del verde su di un scudo presente nella Fonte del Canale oggi posizionata davanti alla Pieve di S. Maria, il verde lo ricaverebbero dalle striature presenti sulla pietra. Ciò però è categoricamente smentito dal fatto che il ‘linguaggio’ araldico delle ‘rigature’ per distinguere le cromature viene ideato solamente nei primi decenni del XVII secolo. Si aggiunga pure che analizzando la sua posizione, la consistenza e fattezze della pietra, la sua posizione rispetto al resto della fontana e gli altri due stemmi, si potrebbe giungere a liquidare anche questo come un altro palese falso ottocentesco.

L’insegna posta in testa alla fonte del Canale, si noti le ‘striature oblique da alto sinistra e basso destra rappresenterebbero il verde e verticali il rosso.

All’origine dell’errore

La mala interpretazione nascerebbe probabilmente da un armoriale (lo stesso della teoria dell’inversione dei colori dello stemma con il cavallo) risalente al XVIII secolo

frontespizio dell’armoriale sopra citato [ms 22 Biblioteca di Arezzo]

L’autore ricaverebbe le informazioni da un sigillo della Mercantia (non del Comune n.d.r.), in cui è inciso San Donato al centro, una mitra Vescovile e sulla sinistra uno scudo partito; ma ovviamente i colori essendo un sigillo non si possono ricavare.

il timbro del sigillo [ms 22 Bib. Arezzo]

Allora l’autore ipotizza che fosse verde in riferimento ad una spaccatura politica cittadina di inizio Trecento tra due fazioni denominate Secchi e Verdi identificandoci due diversi governi: uno Guelfo e uno Ghibellini, da cui una simbolica unione avrebbe fatto nascere un scudo di due parti, di cui una verde riprendente il nome della fazione.

Queste (come quella dell’inversione dei colori dello stemma del cavallo) lapalissianamente sono ipotesi inventate, senza documenti e distanti dalle realtà e prassi dell’epoca; d’altronde è l’autore stesso che correttamente lo scrive mantenedo una forma ipotetica.
In aggiunta, a conferma della completa invenzione di queste teorie, indica il crociato come insegna del Comune, mentre lo scudo partito il Popolo (questo stesso armoriale molto probabilmente fu quello che ingannò la Commissione di revisione storica del 1987).
Ecco quindi quando probabilmente nascerebbe la vulgata del partito verde-rosso.

Si annota infine che in questo armoriale, che sarebbe il più antico a ipotizzare il verde, non si fa cenno all’insegna in cima alla fonte del Canale, dato tutt’altro che marginale.
Smentite quindi anche queste, ad oggi non esisterebbe nessun documento a sua riprova, tanto che si può ben sostenere che un’insegna partita con il verde non sia mai esistita.

Stando quindi così le cose forse, come tante altre volte la Giostra ha saputo fare, sarebbe il caso, sempre che non ‘spuntino’ fuori altri documenti a smentire, di riportare il gonfalone e gli altri stemmi del partito al loro ‘reale’ e storico bianco-argento/rosso.