Iniziamo oggi un ciclo di quattro interviste con personaggi che hanno vissuto il quartiere sin dai tempi in cui la Giostra era una cosa “per pochi” e continuano ancora a viverlo con la grande partecipazione che c’è ai giorni nostri. Sarà un modo per conoscere i nostri interlocutori e capire come si è sviluppata la Giostra nel tempo vista dagli occhi dei protagonisti, i quartieristi.

Il primo intervistato è Mario Francoia di Porta Crucifera. Mario ha un passato da capitano vittorioso al quartiere ed al giorno d’oggi lavora con la squadra tecnica nel nuovo campo prove di Porta Crucifera.

Mario, ci racconti come ti sei avvicinato al quartiere? Da chi e come si era formato il gruppo di quartieristi con i quali stavi più vicino?

Posso dire di esserci praticamente nato al quartiere, visto che abitavo in via Pescioni. Mi sono ritrovato fin da subito quartierista. Il nostro gruppetto era formato dai fratelli Fazzuoli, da Marco Nappini, Roberto Bacci… tutta gente cresciuta insieme e che negli anni ha ricoperto cariche prestigiose nel nostro quartiere.

Cosa rappresentava il quartiere per te? Chi erano i personaggi storici del quartiere che ti hanno ispirato e fatto nascere la passione?

Io posso definire il quartiere una grande famiglia, era il posto dove ci sentivamo sereni e liberi di essere noi stessi. Esso è ancora oggi una micro società che risponde a valori e regole differenti, c’è un incontro favoloso fra vecchie e nuove generazioni e questa è la sua vera forza. Io senza i racconti e le serate passate insieme a personaggi del calibro di Guido Rossi (Guidone), Guido Raffaelli (Ciuffino), Aldo Brunetti, Antonio Morelli e tanti altri non sarei la stessa persona che sono oggi. Loro ci hanno insegnato ad amare il quartiere e fare di tutto per farlo crescere, prosperare e continuare in questa fantastica avventura.

Ricordi cosa hai provato la prima volta che sei entrato in piazza con il costume del quartiere?

Era il lontano 1981, ma ricordo molto bene i brividi di emozione e paura che avevo nello schieramento in borgunto prima di fare l’ingresso in piazza. Una volta fatto il primo passo in lizza fui letteralmente travolto da quella apoteosi di pubblico e di persone che ci guardavano sfilare, per me è stata senza dubbio una delle emozioni più forti che abbia mai provato in tutta la mia vita, impossibile dimenticarla!

La Giostra non ha sempre vissuto momenti di splendore, ci puoi raccontare (da quando ti ricordi) levoluzione che ha avuto il sentimento di amore della città nei confronti della sua manifestazione? Come sono cambiate la settimana del quartierista e la cena propiziatoria attraverso gli anni?

Per quelli che sono i miei ricordi i quartieri fino agli anni ’70 erano abbastanza chiusi su loro stessi e per le persone che non avevano avuto la fortuna di “nascere” dentro un quartiere non era facile inserirsi. Poi dagli anni ’80 grazie a molte iniziative come cene, serate di giochi o musicali, spettacoli vari etc. le sedi hanno iniziato ad aprirsi alla città ed anche chi magari abitava un po’ più fuori il centro storico ha potuto iniziare a sentirsi parte integrante del quartiere e della manifestazione. Non dimentichiamo anche l’importante apporto di Teletruria che grazie alle sue trasmissioni è riuscita a raccontare l’animo schietto e sincero degli aretini e della Giostra.

Le settimane del quartierista negli anni sono molto cambiate, anche prima c’erano cene e serate musicali ma il fulcro di tutto era ritrovarsi fino a tardi nei “capannelli” con i personaggi “più vecchi” che ci raccontavano aneddoti su aneddoti delle giostre passate insegnandoci i valori del quartiere. Oggi anche grazie a molte serate musicali c’è una grandissima partecipazione di giovani (e questo è bellissimo) però si è un po’ persa quella convivialità di cui parlavo prima.

Per concludere vorrei porre l’attenzione ad una pericolosa deriva che ha preso la Giostra e che non mi piace proprio: il fatto che i quartieristi in questi ultimi anni abbiano subito troppo l’influenza di un atteggiamento “da stadio” per sostenere i propri colori; questo non fa bene alla Giostra perché questa mentalità si porta dietro comportamenti che non sono assolutamente consoni alla nostra manifestazione.

Ci racconti un aneddoto di una vittoria che ricordi con particolare piacere?

Le vittorie ovviamente sono tutte bellissime ed emozionanti ma ce n’è una che ricordo con particolare piacere rispetto alle altre: sto parlando del giugno 2009, Giostra d’esordio da capitano per me e da giostratore rosso verde per Carlo Farsetti. Ricordo benissimo la sfilata prima di entrare in piazza che fu a dir poco “faticosa”. C’erano ovviamente grandi contestazioni per il passaggio di Carlo che aveva lasciato Santo Spirito dopo tanti anni e l’atmosfera anche in piazza era davvero incandescente. Vista l’enorme pressione che Carlo aveva addosso fui soddisfatto del IV che riuscì a colpire e mi ricordo che dopo la sua carriera mi precipitai immediatamente da Alessandro Vannozzi e gli dissi “Ale tu vai dritto al 5, non pensare a nient’altro, la responsabilità me la prendo io ma vai giù e prendimi quel 5!”.
La risposta di Alessandro (come sempre) non fu proprio quella che uno si sarebbe aspettato: “Si, vedrò di fare il possibile…

Tutti sappiamo però che Alessandro è molto meglio con i fatti che con le parole ed infatti la sua carriera marcò un bellissimo centro che fu però raggiunto da Sant’Andrea con cui andammo agli spareggi. A questo punto scelsi nuovamente Alessandro (visto che Carlo aveva una piazza totalmente contro) e gli rifeci il solito discorso: “Mi raccomando io voglio vincere, vai diretto sul 5 non preoccuparti di nessun altro punteggio, la responsabilità per un eventuale errore me la prendo io”. Anche in questo caso la sua risposta non mi lasciò molto tranquillo: “E’ ma due volte di fila non è mica facile farlo eh…”.

A questo punto lo guardai dritto in faccia e gli dissi: “Te ora vai giù e spacchi il mondo!”. E cosi fece, marcando un altro bellissimo centro e facendoci vincere la lancia.

Per me da esordiente capitano, con il quartiere che viveva un momento delicato con il passaggio di Carlo e Sant’Andrea che si stava facendo sotto nell’albo d’oro, quella vittoria fu una emozione che raramente nella mia vita potrò riprovare, ancora oggi faccio fatica a trovare le parole giuste per descriverla.

Ci racconti un aneddoto di una sconfitta che ricordi con particolare dolore?

Per questo ricordo andiamo indietro nel tempo fino al 1981. Avevamo la coppia stellare Ricci – Tabanelli che veniva dal cappotto dell’anno precedente, ci sentivamo invincibili. L’andamento della manifestazione fece si che al nostro giostratore Tabanelli sarebbe bastato colpire 1 punto per farci vincere la Giostra ma la sua lancia andò a centrare incredibilmente il ferro che sorregge il tabellone, marcando 0 punti e condannandoci ad una sconfitta agli spareggi con Santo Spirito che resta, fino ad oggi, la più incredibile della mia vita.

Un aneddoto o un personaggio del quartiere che ti farebbe piacere ricordare?

Una persona che ricordo sempre con immenso piacere è Guido Rossi detto Guidone. Uomo fantastico che ha educato tantissimi ragazzi giovani all’amore per il quartiere. Ricordo benissimo le giornate passate a rassettare e sistemare i costumi, come ricordo bene alcune sue frasi celebri, la prima era legata appunto alla sistemazione dei vestiti da Giostra e lui diceva sempre: “Ragazzi chi mi vuole dare una mano me la dia ma senza sentirvi obbligati, qui tutti sono utili ma nessuno è indispensabile”. La seconda (sempre legata ai costumi) recitava più o meno cosi: “Ragazzi se si entra in piazza al meglio delle nostre condizioni, ordinati e belli come dobbiamo essere, già mezza Giostra è vinta”.
E’ stato davvero una persona innamorata di Saracino che ha anche ricoperto importanti ruoli come vice registra nella Giostra ed ovunque andasse trovava sempre un certo seguito grazie a delle doti umane fuori dal comune. Lo ricorderò per sempre come un grandissimo esempio da seguire.

Giudizi sulla Giostra di oggi? Ti piace? Sei contento di tutta questa partecipazione? Cosa cambieresti?

A me la Giostra di oggi piace: grazie ai campi prova di cui si sono ormai dotati tutti i quartieri il livello di professionalità è altissimo, i punteggi degli ultimi 10-15 anni dimostrano che il sacrificio che mettiamo tutto l’anno per far rendere al massimo i nostri cavalli e cavalieri non è andato perduto. Questo è uno stimolo ancora più forte per vivere il quartiere 365 giorni l’anno, si deve obbligatoriamente cercare di non lasciare niente al caso perché anche un millimetro ormai può fare la differenza. Anche sulla partecipazione non posso che essere contentissimo, ogni quartiere ormai è aperto tutto l’anno con tantissime iniziative e per le settimane del quartierista e cene propiziatorie si arriva dappertutto al massimo della capienza disponibile.

Se proprio dovessi proporre un cambiamento diciamo che agirei sulle prove: grazie al grande lavoro che viene svolto “a casa” da tutti, io sarei per restringere molto la possibilità di allenarsi “in piazza”. Lascerei magari un giorno libero per tutti e poi farei solo prove con l’impostazione della Giostra Simulata, una carriera di ingresso e un tiro per ogni giostratore.

Qualcosa che non ti ho chiesto ma che vuoi aggiungere?

Mi piacerebbe fare un appello ad ogni persona che ci sta leggendo: non importa il colore del fazzoletto che indossate, frequentate il vostro quartiere, amate il vostro quartiere, gioite e disperatevi per il vostro quartiere perché questo vi permetterà di capire quanto sia bello lo spirito che unisce tutta la nostra città. La mia esperienza personale mi porta a confrontarmi quotidianamente con ragazzi molto più giovani di me che mi trattano come fossi il loro zio ed il rispetto e la complicità che si creano in queste situazioni ti fa capire che tutti i sacrifici fatti in questi anni per amore di questi colori sono stati ampiamente ripagati dai rapporti di vera e propria fratellanza che si vengono a creare.

Ultimissimo appello, basta con episodi di violenza: la Giostra ha sempre vissuto di sfottò e rivalità ma ultimamente si sta pericolosamente virando su gesti facinorosi che non fanno bene a nessuno e che non rendono giustizia alla nostra manifestazione.

Ma ci pensate quanto siamo fortunati ad essere nati ad Arezzo? Come fanno nelle altre città che non hanno il Saracino? A cosa pensano tutto l’anno?

Leonardo Maccioni