Fin dagli anni ’70 le donne del quartiere erano solite riunirsi nei giorni precedenti la Giostra per preparare, armate di filo ed uncinetto, che sarebbero state vendute ai quartieristi il giorno del Saracino.
Dal finire degli anni ’80 grazie anche all’incredibile lavoro manuale della quartierista Grazia Marcantoni, iniziò una produzione di gadget ed accessori sempre più diversificata ed accurata per permettere alle finanze del quartiere, sempre in cerca di aiuti economici per espandere le proprie iniziative, di avere qualche entrata in più.

Fiorella Castelli era la responsabile di questo progetto e ci racconta la sua genesi ed evoluzione: “Chiaramente autorizzate dal Consiglio direttivo abbiamo iniziato ad ideare braccialetti, portachiavi, t-shirt, polo, tute, felpe, cravatte, gilet, cappelli e persino mutande… insomma tutti quegli articoli che consideravamo adatti e che anche i quartieristi ci richiedevano. Una sera in Piazza San Giusto abbiamo persino fatto una sfilata con la moda “bianco-verde” facendo chiaramente morire dal ridere tutti i partecipanti alla serata. Claudio Milesi riuscì a procurarci un carrettino che ogni sera durante la settimana del quartierista riempivamo dei nostri articoli e parcheggiavamo vicino alla cassa del ristorante/pizzeria in Piazza San Giusto. Questo ci consentiva poi di “spostarci” per raggiungere Piazza del Comune il giorno dell’estrazione delle carriere e Corso Italia per la lettura del bando. Il gruppo dei gadget era formato dalla sottoscritta, da Rossella Lanucci e da Grazia Marcantoni che con il passare degli anni è stata sostituita da Anna Maria Del Pianta. Poi tanti amici ci hanno dato una mano dei giorni e nei momenti più intensi, soprattutto nelle “salite” dove ci hanno aiutato a “spingere il carretto”. Due di questi li devo ricordare perché purtroppo non sono più con noi: l’Alida e il Gigi”.

Per capire l’importanza che questo “carretto” ebbe a quei tempi raccogliamo la testimonianza di Paola Ferrara e Gloria Virtuosi che ci raccontano i loro ricordi di quei momenti: “Visto che il Quartiere non era ancora molto frequentato, perlomeno non come oggi, Fiorella ebbe l’intuizione di creare il famoso “carretto”: per il giorno dell’estrazione delle carriere caricavamo tutta la nostra mercanzia e la portavamo fino al sagrato del Duomo sperando di racimolare qualcosa dalle tante persone che seguivano la sfilata. I risultati andarono ben oltre le nostre aspettative e fu cosi che anno dopo anno il materiale preparato aumentava di volume e affrontavamo la salita fino al Duomo sempre più “cariche”, tanto che il modesto banchino del primo anno si era trasformato in un pesantissimo carretto che veniva spinto a mano fino in cima alla città! Noi donne, con tutti i bambini al seguito, partivamo dalla sede molto prima del corteggio storico, spingendo a turno il carretto e facendo piccole pause grazie alla gente che incuriosita dalla nostra marcia rumorosa si fermava a comprare qualcosa. Il punto più duro era la salita della Pieve che sicuramente sarà ancora piena delle nostre lacrime e del nostro sudore! Nonostante tutta la fatica che ci ha fatto fare l’esperienza del carretto rimarrà per sempre nei nostri cuori come un momento di genuina passione”.

Ancora Fiorella ci racconta come il progetto proseguì grazie alla creazione della boutique biancoverde“Dal carretto alla boutique biancoverde passarono un po’ di anni. Nel 1996 riuscimmo ad avere le chiavi della vecchia edicola in fondo a Piazza S. Giusto che era inutilizzata da una vita. Franco Marcantoni ci realizzò l’insegna in metallo e Claudio Milesi la disegnò e la dipinse. Finalmente vedevamo il nostro sogno realizzato, una postazione fissa, coperta, e che soprattutto ci risparmiava la fatica di togliere e successivamente rimettere tutta la merce dentro l’armadio del magazzino ogni santo giorno durante tutta la settimana del quartierista. Il carrettino però ha sempre continuato a funzionare durante l’estrazione delle carriere e la lettura del bando (almeno fino al 2001)… scrivilo che gli altri quartieri sono arrivati dopo!”. Parola di quartieriste.

Leonardo Maccioni
Per le foto si ringrazia Fiorella Castelli